La furia del mondo

Feltrinelli Editore
5.0
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Ebook
398
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About this ebook

Seconda metà del diciottesimo secolo. In un piccolo villaggio tedesco. Il piccolo Abel nasce in una famiglia di poverissimi contadini: gracile di salute, ha dalla sua una sensibilità e un'intelligenza fuori dal comune. Se ne accorge il parroco e maestro, Rupprecht Radebach, un pastore luterano tormentato: ha avuto una brillante carriera nelle gerarchie della chiesa cattolica ma, alla fine di una profonda crisi teologica ed esistenziale, ha abbracciato la dottrina di Lutero e ha sposato la donna che ama.Radebach chiede alla madre di Abel il permesso di impartire al ragazzino lezioni supplementari. Abel rivela una disposizione eccezionale per lo studio: sa di latino, greco, letteratura, storia, matematica, e trascorre le fredde notti invernali in compagnia dei libri. Per quanto non sia privo di una gioiosa vitalità, il carattere chiuso e incline alla meditazione gli fa il vuoto intorno. Inadatto al lavoro dei campi e senza amici, precipita in un abisso di frustrazione e solitudine quando il padre, stremato dalla fatica e dalla miseria, si suicida ed è proprio lui, Abel, a scoprire il cadavere. Per il parroco arriva il momento di intervenire più drasticamente nella vita di quel suo allievo così promettente, di quel ‟figlio” di cui avverte l'affetto e la dedizione profondi: lo ‟adotta” e lo iscrive a una scuola importante, lontano dal ‟borgo selvaggio”, in mezzo a coetanei meno coriacei e a insegnanti lungimiranti. Ma c'è nel destino e nel carattere di Abel abbastanza forza per contrastare la ‟furia del mondo”. La furia del mondo è un romanzo che vuole e riesce a commuovere profondamente. Il lettore ‟fa il tifo” per Abel, perché ce la faccia, perché incontri le persone giuste, perché viva. Vicino alla figura contorta e ‟ribelle” del parroco Radebach, Abel suona come la dolorosa contraddizione dell'avventura mondana. ‟In un punto di sé senza luogo l'orologio dei pensieri si rimise a girare. Che cosa contava, in quell'angolo di mondo, il cervello? In mezzo a uomini abbrutiti da un la-voro incessante e di poco frutto, abituati ai freddi e alla fatica, un individuo che ne fosse incapace era per forza di cose mal tollerato se non disprezzato; il suo cervello era un germoglio bizzarro, inservibile: non contava. Contava invece che egli non sa-rebbe mai stato in grado di trascinare un sacco o legare un covone, forse nemmeno di spalare il letame nelle stalle; e tanto bastava a fare di lui un mangiapane, per poco che mangiasse.” ‟Guido Piovene sosteneva che grandi sono gli scrittori che scoprono. Cesare De Marchi sicuramente lo è. Già lo aveva lasciato intravedere nelle passate prove. Ora, in La furia del mondo, dispiega copiosamente le sue qualità rabdomantiche...” Bruno Quaranta, "tuttolibri"

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