Poche parole per una riflessione. È stato un bell’inizio, e sarà interessante inventarci qualcosa per procedere con questa esperienza. Il progetto Uno per uno tutti insieme: i quartieri di Pordenone, voluto dal Comune di Pordenone in collaborazione con pordenonelegge, ha fornito per il momento un buon numero di domande e risposte, che si possono trovare, a vario titolo, nelle pagine che seguono. Durante gli incontri avvenuti nei quartieri nel corso della primavera, abbiamo potuto ascoltare storie e opinioni dei testimoni della memoria scelti dal Comune, alla presenza degli scrittori che, in seguito, con il loro stile, hanno creato i racconti dedicati. Il contributo delle scuole, libero e legato alla realtà del quartiere, è avvenuto per la volontà e la partecipazione dei dirigenti e dei referenti nominati. Ci permettiamo di fare un riassunto di quegli elementi che caratterizzano un uguale orgoglio e un analogo disagio, nelle sette aree prese in considerazione, forse non disutile a comprendere i temi che potrebbero mostrarsi interessanti per il prossimo futuro.
Cominciamo da qui: i quartieri, a volte Comuni autonomi, hanno avuto in passato una forte autonomia e una potente carica identitaria. La fisionomia di queste aree, a volte ammantate di storia, è caratterizzata dallo sviluppo manifatturiero ed economico, dai suoi momenti di apice e di caduta, e segnata dagli eventi della Seconda Guerra Mondiale. Sono storie comuni di vita e di lavoro, che si svolgono in un’area dai riferimenti condivisi, dove si fanno le medesime esperienze. Certo, Villanova nasce e cresce all’improvviso, concentrando migliaia di persone che provengono da tutta Italia e che non hanno né una chiesa né una piazza. Mentre, d’altra parte, Rorai-Cappuccini mantiene una lunga continuità famigliare, tradizioni, spirito di appartenenza a una comunità. Però è comune la vicenda della crescita economica, della libertà politica, della condivisione sociale. All’improvviso, nel corso degli anni Novanta, questi quartieri scoprono di essere troppo vicini al centro di Pordenone. È l’autonomia di movimento delle persone, il rapido incremento della comunicazione. Il malcontento comincia a serpeggiare nei cuori di quelle persone che hanno contribuito a realizzare e tramandare l’identità del quartiere e adesso vedono i figli (o i nipoti) frequentare il centro (o qualche altrove), avere lì le amicizie, non ritrovarsi più con gli amici sotto casa. E poi il malcontento è fatto anche di nostalgia, della perdita di un tempo quando si era più giovani, della incomprensibilità di tanti e tanto rapidi cambiamenti. La difficoltà, viene ripetuto spesso in questi colloqui, è intercettare i giovani, che subito dopo la fine della scuola media non riconoscono più il quartiere come il luogo della loro vita comunitaria, o solo in minima parte. D’altra parte, la creazione di un Centro Ricreativo per Anziani per ogni quartiere non risolverebbe il problema, che si trova al fondo di tutto: come si può creare in queste aree una continuità di esperienze appetibili, che si identifichino
con il quartiere stesso, e che raccolgano i giovani, la loro intelligenza, le loro energie? Da qui si deve iniziare per pensare il da farsi. Altrimenti si deve ragionare non tanto sui quartieri, sul loro presente e sul loro futuro, quanto su come celebrare la nostalgia del passato e fare in modo che i pensionati di quell’area abbiano un calendario sufficientemente denso di momenti ricreativi. Solo poche parole sui contributi degli scrittori, dei cittadini e delle scuole per un ringraziamento distinto per ogni singola persona e insieme collettivo. Grazie per la partecipazione, per la testimonianza, per l’impegno, per la libertà.