Esiste un modo per salvare se stessi? Per l'autore certamente sì ma solo attraverso un percorso che richiede coraggio, umiltà e, soprattutto, forza per affrontare il dolore che scaturirà da questo viaggio a ritroso nel tempo: dal ricordo emozionale della vita intrauterina sino, attraverso il trauma del parto, ai primi mesi di vita dei bambini che si è stati.
Il bambino che non è stato "ascoltato" nei suoi bisogni, poiché la madre e in seguito le altre figure di riferimento non hanno potuto, voluto o saputo farlo, ne ricava una profonda frustrazione, una ferita narcisistica che lo renderà un adulto incapace di "ascoltarsi" e di comprendere le proprie sensazioni, fino a provare una sorta di "distacco da se stesso" causa di varie forme di malessere fisico, psichico o relazionale, che lo porterà a cercare qualsiasi cosa "fuori da sé", come: il super lavoro, i doveri famigliari, gli svaghi fatui, la religione, la politica, le dipendenze di vario tipo, per tenere a bada l'"angoscia esistenziale".