tra le maglie di un’ironia colta, debitrice all’insegnamento di
Fortini (“Potrebbe essere […] Qualcosa comunque che non possiamo
perdere / Anche se ogni altra cosa è perduta / E che perpetuamente
celebreremo / Perché ogni cosa nasce da quella soltanto”) e del
paradossale Homo Democraticus di Ceronetti (“massificato senza far
parte di una comunità, single senza essere individuo, solo senza essere
libero”).
È così che trovano ragione e coerenza, in apparente assenza
di relazione, eppure accomunati da un reciproco rispecchiarsi,
acquisiti che vanno dal “blocco di ghiaccio enorme e
per pensare distratto: / non serve una favola, una farfalla o il sostegno
giù / di un odore, fuori della portata di una mano sudata / che tocca il
blocco enorme di ghiaccio e lo scioglie / quindi lo invidia in vista di un
rialzo di temperature”), fino al “nulla da dichiarare” di versi
quali “Vengo a passeggiare alla base della collina e passo al cinema /
senza colori. Non è l’albero più grande dei palazzi a qualche / giorno
dalla primavera. Una bella volta potrei cadere / dentro una buca di
foglie e mettermi a giocare coi nati / e incantare serpenti, sulle scalinate
noto le asole degli abiti”.