Dopo averci raccontato, nelle "Ceneri di Angela", la sua infanzia «infelice, irlandese e cattolica» come il più atroce e ilare dei mondi possibili, McCourt ci trasporta qui nell’America del secondo dopoguerra. E precisamente in una New York proletaria, dove fra case di mattoni rossi, pub di emigrati irlandesi e banchine ingombre di merci, con la quinta lontana e irraggiungibile di Manhattan, Frankie si trova a percorrere, passo dopo passo, un faticosissimo apprendistato. Ma prodigiosamente intatto è il suo timbro inconfondibile, e la capacità di trasformare qualsiasi fatto in una irresistibile storia.