Il racconto “La mite” fu scritto nel 1876 per il “Diario di uno scrittore”. L’autore lo definisce “fantastico” perché trasmette al lettore i pensieri più intimi del protagonista come se quest’ultimo li stesse dettando a qualcuno in un preciso momento. Un soliloquio delirante e balbettato, urlato e sussurrato di un marito che non si dà pace di fronte all’ineluttabile: una vicenda drammatica, in realtà, tutt’altro che fantastica. I pensieri dell’uomo sono influenzati dai suoi sentimenti contraddittori, ma a tratti anche lucidi. Il racconto comincia nel più duro dei modi: una ragazza, una giovanissima moglie, morta suicida e appena adagiata su un tavolo di casa sua da alcuni sconosciuti.
La burocrazia e la società ottusa possono diventare veri e propri mostri in grado di inghiottire persone intere? Dostoevskij scrisse "Il Coccodrillo" nel 1865 regalandoci una storia surreale, visionaria e persino ironica, che lui stesso lasciò quasi volontariamente o provocatoriamente incompiuta. In un negozio del Passage, una galleria commerciale di lusso, Ivan Matveič viene inghiottito da un coccodrillo portato lì in mostra. Sua moglie e un suo amico rimangono prima paralizzati, poi sbalorditi nello scoprire che l’uomo non solo è rimasto vivo, ma addirittura si è sistemato comodamente nelle viscere dell’animale. Si tratta di un racconto di critica sociale e d’introspezione psicologica. Una lettura sorprendente e inquietante, che fa riflettere sulle conseguenze della cieca adesione alle regole e alla routine, e sulla necessità di difendere la propria umanità in un mondo che sembra averla persa.