I datteri di Giarabub: Storie di Montepeloso

· Rebus Books
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170
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About this ebook

 Giuseppe Decollanz racconta le origini dell’affermarsi del fascismo come dittatura nelle vicende di Montepeloso/Irsina. L’originale titolo del volume deve il suo nome alla coltivazione ed alla commercializzazione del frutto tropicale nell’oasi di Giarabub, l’avamposto della colonizzazione italiana della Libia (unione della Tripolitania e della Cirenaica), al confine orientale con l’Egitto, occupato dalle truppe italiane il 7 febbraio del 1926 e tenuto fino al 1941, allorché fu conquistato dagli Inglesi che sconfissero gli uomini comandati dal colonnello Salvatore Castagna. Le vicende narrate nel volume iniziano in una data ben precisa, la sera del 4 gennaio 1925, il giorno seguente di un celeberrimo discorso mussoliniano, pietra miliare nelle tappe di costruzione dello Stato fascista. “Ebbene, dichiaro qui, al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. [...] il Governo è abbastanza forte per stroncare in pieno definitivamente la sedizione dell'Aventino. L'Italia, o signori, vuole la pace, vuole la tranquillità, vuole la calma laboriosa. Noi, questa tranquillità, questa calma laboriosa gliela daremo con l'amore, se è possibile, e con la forza, se sarà necessario.” Siamo nel momento in cui, dopo l‘uccisione di Giacomo Matteotti, la secessione dell’Aventino e lo sbandamento tra le fila del fascismo che ne seguì, Mussolini riafferma il proprio potere e consolida - attraverso un processo che sarebbe durato poco più di un anno, dal 1925 al 1926, mediante le cosiddette leggi ‘fascistissime’, note anche come leggi eccezionali del fascismo - la trasformazione di fatto dell'ordinamento del Regno d'Italia nel regime fascista, ossia in uno Stato totalitario dalla forte componente ideologica, di tipo nazionalista, centralista, statalista, corporativista ed imperialista. Il microcosmo di Montepeloso la ‘rossa’ è lo scenario paradigmatico di quello scontro tra democrazia e totalitarismo, tra opposte concezioni del mondo che si stava consumando in tutta Italia, essendo un paese dalle radicate tradizioni socialiste che elesse, ancora nel 1922, nonostante il 
dilagare della violenza politica dei fascisti, un sindaco socialista, Nicola Mitilde (cfr. La guerra siamo noi!, pp. 38-39), che fu tale fino alla trasformazione della carica in quella di podestà, di nomina regia. Con il ritorno alla democrazia, Irsina continuò ad essere governata costantemente da giunte ‘frontiste’ (come si diceva negli anni degli albori della Repubblica) e ‘rosse’ (cfr. La guerra siamo noi!, il capitolo “L’occupazione delle terre”, pp. 187-205). 
I datteri di Giarabub è, in un certo senso, la prosecuzione ideale del precedente volume: alle vicende della Montepeloso della metà degli anni ’20 del XX secolo Decollanz non guarda più attraverso gli occhi di un bambino protagonista – il Pippinillo de La guerra siamo noi!- ma da una visuale estrinseca, quella tipica dello storico: il volume, molto interessante ed affascinante, è una puntuale ricostruzione di un delitto nella forma del romanzo in cui il narratore è esterno alla vicenda, né vi partecipa, e la ricostruisce in modo analitico, dando rilievo ai ‘fatti’: “I fatti e gli eventi narrati in questo libro sono realmente accaduti in un paese della Basilicata oggi chiamato Irsina. I personaggi invece sono al tempo stesso immaginari e realmente esistiti, ricordati con notevole fedeltà ma descritti e raccontati con grande fantasia. Del resto, ciò che conta sono i fatti realmente accaduti e non certo coloro che per volontà del destino ad essi hanno preso parte” (p. 7).

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About the author

 Giuseppe Decollanz (Irsina, 1 dicembre 1935 – Bari, 8 giugno 2012) è stato un dirigente pubblico, educatore e scrittore italiano. Sui suoi testi tecnici dedicati al mondo della scuola è in parte basata la preparazione degli attuali dirigenti scolatici. Negli ultimi anni della sua vita, si è dedicato alla narrativa per la sua Basilicata.

Nasce in Basilicata, a Montepeloso (ora Irsina). Da bambino assiste all'arruolamento forzato del giovane padre, Luigi Decollanz, per la Campagna italiana di Grecia, voluta da Benito Mussolini, da cui non farà mai ritorno. Rimasto orfano di guerra, il più grande di tre fratelli, dedicherà la sua vita allo studio prima, all'insegnamento e alla pedagogia poi. Le tragiche esperienze dell'infanzia, la violenza del prelevamento forzato del padre da parte dei gerarchi fascisti, finiranno per influenzare molte delle sue opere letterarie. In "La guerra siamo noi", infatti, Decollanz racconta della sua infanzia da orfano e del passaggio in ritirata delle truppe tedesche alla fine della seconda guerra mondiale. In "I datteri di Giarabub", invece, viene fotografata l'atmosfera di forte tensione politica che Irsina e il Mezzogiorno vivono, nel 1925, a ridosso dell'assassinio politico di Giacomo Matteotti. Figura di riferimento e di ispirazione della sua carriera, così come si evince anche dai suoi scritti, sarà Canio Musacchio (il primo sindacalista meridionale). Successivamente si trasferisce a Bari per frequentare l'Università. Prima di diventare dirigente della pubblica Istruzione, è stato maestro elementare e direttore didattico della scuola Niccolò Piccinni del capoluogo pugliese. Le esperienze pedagogiche e tecniche accumulate si condensano in alcuni manuali e saggi che hanno contribuito a fare la storia dell'insegnamento e della scuola in generale. "L’integrazione scolastica dei disabili" diventa un testo di riferimento per la preparazione di ogni insegnante di sostegno. "Il preside della scuola media", invece, diventa un manuale per i futuri direttori e dirigenti. Diversi corsi universitari indirizzati alle Scienze dell'educazione, infine, adottano i testi del Decollanz per la preparazione degli studenti agli esami. 

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