Oggigiorno l’immagine di Jack London (1876-1916) è in primo luogo associata ai suoi celebri romanzi autobiografici d’avventura incentrati sulla corsa all’oro del Klondike (Il richiamo della foresta, Zanna Bianca). Tuttavia, lo scrittore americano fu anche autore di un discreto e fortunato numero di opere narrative di fantascienza – la più famosa delle quali è senza dubbio l’antiutopia The iron heel (1908), vero e proprio libro culto per intere generazioni di militanti marxisti a cavallo tra le due guerre mondiali – e di un paio di romanzi (The game, del 1905, tragica storia di un giovane pugile che muore sul ring sotto gli occhi della fidanzata, e The abysmal brute, del 1913, la vicenda di un campione che scopre che gli incontri da lui disputati sono stati abilmente truccati dal proprio manager) incentrati sul mondo del pugilato, sport di cui era grande appassionato.
Al filone “pugilistico” appartiene anche il racconto qui presentato, Il messicano (The Mexican), pubblicato per la prima volta sulle colonne del “Saturday Evening Post” nel 1911, e poi in volume nella raccolta intitolata The night born (1913). La storia, basata su fatti realmente accaduti e su persone realmente esistite, racconta le traversie di Felipe Rivera, un giovanissimo pugile messicano che combatte in un circuito minore della California per finanziare con il denaro delle proprie borse le attività della Giunta rivoluzionaria messicana in esilio.