Dietro alte mura

· Miss Black
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Ebook
270
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Anna Aextesia è nata e cresciuta in una delle Alte Fortezze, antiche roccaforti costruite in cima a pinnacoli artificiali durante le ultime Guerre. Le Guerre sono finite e ormai da un secolo regna un’instabile pace, quindi l’antica e nobile famiglia Aextesia non ha più un ruolo. Finché ad Anna non viene chiesto di esaminare un prigioniero particolare, un sicario che ha ucciso decine di volte al soldo dei paesi nemici, un Senza Nome sulle cui origini non si sa nulla. Il loro sarà un incontro di mondi, prima ancora che personale. Mondi all’antitesi che non avrebbero mai neppure dovuto sfiorarsi... - "«Adesso capisce che cosa intendo?» chiese. «Certo» risposi, calma, malgrado il cuore mi martellasse ancora nel petto come un tamburo. «Ho capito che non vuole essere sottovalutato solo perché si comporta in modo educato. E che vuole ribadire che anche lei è un professionista, anche se in una disciplina diversa dalla mia. Voleva anche dirmi» aggiunsi «che non le piace essere considerato malato o bisognoso di aiuto. Ecco che cosa ho capito». DeVrai mi lanciò un’occhiata dura. «Ha capito questo, eh?» disse. Mi alzai e andai a sedermi davanti a lui, come il mister con un ragazzino della sua squadra. Gli appoggiai le mani sulle ginocchia e lo guardai negli occhi. «Mi lasci fare a modo mio» gli chiesi. DeVrai appoggiò le sue mani sulle mie. «E mi chiedevo... ha funzionato?» mormorò. Non distolsi gli occhi dai suoi. Il momento si allungò e diventò sempre più strano, sempre più pauroso e sempre più coinvolgente. Fu come se tutti i nostri discorsi si solidificassero tra noi e creassero un momento sempre più denso. Un momento in cui si raccolse l’energia cinetica dei movimenti di poco prima, del contatto dei nostri corpi, della forza della sua dimostrazione, con cui aveva spostato il baricentro della nostra relazione, che io lo volessi o meno, ricordandomi che lì dentro il più forte era lui. Fu il momento che temevo. DeVrai mi guardava e io non osavo distogliere gli occhi dai suoi, ma i capezzoli mi si indurirono, letteralmente, e mi eccitai come una scema. Sentii il mio sesso che si dischiudeva e si riempiva di umori. Non abbassai lo sguardo. Non lo fece neppure DeVrai. Continuammo a guardarci come se stessimo giocando al gioco del silenzio, ma percepivo il suo torace che si alzava e abbassava e in qualche modo sapevo che era eccitato come me. Capivo di dover uscire da quella situazione, anche se era difficile separarsi dalle sensazioni che provavo. Erano forti, eccitanti, pericolose. Annuii lievemente. «Sì» risposi alla sua domanda. «Sì, ho capito». CONTIENE SCENE ESPLICITE - CONSIGLIATO A UN PUBBLICO ADULTO

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