Jules Renard trascorse gli anni della formazione e della prima maturità nel piccolo paese d’origine del padre, un contadino della Borgogna. Fu lì che, come cacciatore, scoprì e descrisse poi in questo libro il brulicante pullulio che scavava, calpestava e sorvolava quelle terre. Renard offrì il suo servizio alla letteratura con una prosa “agile e fresca come l’aria” – così la definì Tristan Bernard –, levigata, in realtà, a fronte di grandi sforzi e con la meticolosità dell’alchimista. In una vera e propria “caccia alle immagini”, ecco plasmarsi con la fulminea subitaneità di un dettaglio i modi “da gendarme” della cavalletta o il berretto frigio, il gozzo in fuori e il becco infaticabile delle galline, tra angolature essenziali di poche parole, istantanee fuggevoli e perfette che hanno reso quest’opera un piccolo capolavoro al crocevia tra natura e poesia. In perfetta sintonia con l’incisività e l’essenzialità della prosa di Renard, Henri de Toulouse-Lautrec realizzò alcune illustrazioni ispirate soprattutto agli animali da fattoria, che piacquero molto allo scrittore e andarono ad arricchire, due anni dopo la prima uscita del 1897, una nuova edizione dell’opera da allora continuamente ristampata.