Durante il giorno sono un orticultore. Anche se ho passato la maggior parte della mia carriera a progettare giardini o diagnosticare piante morenti, ho sempre sognato di poter raccontare delle storie. La mia carriera da scrittore inizia scrivendo rubriche, in particolare una sul giardinaggio per “The Post and Courier” (Charleston, SC) e manuali su come progettare giardini. Ma ho sempre fantasticato di poter scrivere opere di fantasia.
Mio nonno non si è mai diplomato. È andato in pensione da uno stabilimento per la laminazione dell’acciaio a metà degli anni ‘70. Non aveva ricevuto un’educazione, ma era un vorace lettore. Mi ricordo di quando mi perdevo tra i suoi scaffali pieni di romanzi fantascientifici, sentendo quell’odore di carta ammuffita, e presi Piers Anthony e Isaac Asimov dalla libreria con la promessa di restituirli. Ero affascinato dall’idea che i robot potessero pensare e agire come esseri umani. Cosa gli accadeva dopo la morte?
Sono un lettore cinico. Pretendo che lo scrittore mi faccia immergere completamente nella sua storia e mi porti fino alla fine. Preferirei governare una nave che scalare una montagna. Ed è più o meno quello che voglio scrivere, non le letture obbligatorie che ti fanno fare a scuola. Voglio dare vita a storie che ti tengono sveglio la notte.
Avere una storia che si svolge nella tua testa è un’esperienza diversa dalla lettura. Entri in connessione con i personaggi in un modo molto più profondo, ricco di significato. Li senti, ti identifichi con loro, ti rallegri per loro e perfino piangi per loro. La vera sfida è riuscire a portare quella stessa esperienza fino al lettore, anche se solo una parte di quello che avverte lo scrittore. Non è semplice.
Nel 2008 ho vinto il premio “South Carolina Fiction Open” con “Four Letter Words”, una storia breve ispirata a mio nonno e all’Alzheimer. I miei primi passi da romanziere iniziarono quando creai una storia per incoraggi