I frati minori cappuccini hanno compiuto in origine, nella metà del sec. XVI, una scelta rigorosa di austerità e di limpidità di comportamento e di costumi. Molti atteggiamenti, radicati nei primi frati, sono stati tramandati in altrettanti racconti che, in genere, ci fanno stupire come un qualcosa che sa di irreale. In ogni caso, hanno forse molto da dire anche al giorno d’oggi, su un piano umano e morale che non sia superficiale.
I personaggi cappuccini nel romanzo manzoniano assolvono a una funzione di rilievo nell’economia generale de I promessi sposi, in quanto ciascuno di essi – e sono molteplici e diversamente rappresentati – costituiscono una specificità peculiare sia di valori che stanno a cuore al Manzoni, sia di caratterizzazioni narrative di natura storico-realistica.
Il canto «francescano» della Divina Commedia, l’XI del Paradiso, sottende la concezione pauperistica degli Spirituali e tuttavia elude ogni polemica e offre semplicemente un Francesco che, con disarmante naturalezza, s’innamora della Povertà e «corre» “dietro a tanta pace”.
Poco è stato tramandato dai biografi antichi. Ma ciò che è stato tramandato, basta a delineare l’amicizia tra i due, vissuta con chiari segni di affetto. Con semplicità e libertà. Francesco, nelle estreme ore di sua vita, volle lei, accanto a sé, per mangiare, ancora una volta, i dolcini romani preparati da lei. E a lei chiese di portare da Roma a Santa Maria degli Angeli, dove egli stava morendo, i ceri per la sepoltura.