La sua unica ancora di salvezza per non sprofondare nella più cupa rassegnazione e disperazione in questi anni d’inferno era scrivere. Trasferire su carta l’impetuosa alternanza di rabbia, sofferenza, disperazione e paura le dava il sollievo e il conforto di cui aveva bisogno per restare viva e lucida, per non perdersi nel folle labirinto di gelosia ossessiva, violenza fisica e psicologica.
Questo libro è la denuncia di una donna maltrattata e umiliata dal proprio uomo, suo marito, in preda alla gelosia, ora delirio, e al suo potere di distorcere la realtà insinuando nella mente di chi governa perversioni e falsità. Ma è anche la testimonianza dell'impegno di una donna che, nonostante quotidianamente accusata di ogni genere di infamia e vizio per il solo fatto di vestire i panni naturalmente ispirati, combatte con tutte le sue forze per difendere la propria innocenza e la libertà di essere quello che è: una donna.
Metilde S, pseudonimo di una scrittrice italiana, nota a più di uno, che in questa veste mette a nudo la propria fragilità e i propri dubbi in merito al senso della vita, al suo ruolo di cittadina di un mondo italico e di donna in una realtà priva di amore e comprensione. E lo fa utilizzando il genere epistolare, rivolgendo le proprie missive a quell'entità di nome Dafne che le dà ascolto, forza e determinazione per non sprofondare nella trappola di rassegnazione e apatia. Le missive pubblicate dall'autrice riflettono il suo instancabile spirito osservatore della realtà che vive e che la circonda, senza mai perdere né il coraggio né la forza di essere una donna passionale e, nondimeno, una cittadina appassionata.