La ritmanalisi non è una metodologia “rigorosa” perché fonda i propri principi costitutivi sull’astrazione e sulla soggettività del ricercatore. Per Lefebvre, tutto quello che le metodologie consolidate di ricerca considerano come requisiti fondamentali – la pretesa di oggettività nell’analisi, la non partigianeria del ricercatore – e sulle quali le scienze sociali hanno tratto legittimazione nell’ultimo secolo e mezzo, rappresenta, invece, un limite fatale che spesso conduce il ricercatore e la sua ricerca di fronte al celebre aforisma hegeliano: «ciò che è noto non per questo è conosciuto».
Henri Lefebvre (1901-1991) è nato a Hagetmau nel dipartimento francese delle Landes, da madre cattolica e da padre protestante. Frequenta il Lycée Louis Le Grand di Aix-en-Provence, dove presso i Gesuiti locali studia filosofia al corso di Maurice Blondel – filosofo cattolico fondatore della democrazia cristiana francese. Da Blondel approfondisce il pensiero di Sant’Agostino, apre la strada al pensiero giansenista e alla filosofia di Pascal, ma già a quindici anni legge per conto proprio conto Nietzsche e Spinoza. Nel 1921 si iscrive alla facoltà di filosofia alla Sorbona di Parigi, dove studia il razionalismo borghese con Leon Brunschvicg, allievo di Henri Bergson, laureandosi nel 1925. Nel marzo del 1924, insieme a Paul Nizan, Pierre Mohrange, Georges Politzer, Georges Friedmann, Norbert Guterman fonda la rivista Les Philosophies, in opposizione a La révolution surréaliste dei poeti André Breton, Paul Eluard e Antonin Artaud. Nei saggi scritti per la rivista Les Philosophies Lefebvre introduce per la prima volta nella letteratura filosofica il concetto di esistenzialismo, molto prima che questo venisse reso celebre da Jean Paul Sartre. Per mantenere la famiglia svolge diversi lavori, tra cui il guidatore di taxi per due anni. Nel 1928, insieme a tutto il gruppo dei Philosophies si iscrive al Partito Comunista Francese (PCF), allora denominato ancora SFIC (Séction Française de l’Internationale Communiste). Negli anni ‘30 è professore di filosofia nei licei e contemporaneamente traduce in francese, insieme a Norbert Gutermann, i testi giovanili di Marx. Il rapporto di Lefebvre con il PCF – al tempo totalmente influenzato dal pensiero staliniano – non fu mai sereno: la sua attività intellettuale fu sempre criticata quando non osteggiata apertamente dal partito. Nel 1938 Lefebvre scrisse: Hitler al potere, pubblicato con l’intento di svelare il substrato sociale e materiale del nazismo. Il libro fu immediatamente iscritto nei Bücherverbrennungen
Nel 1960 Lefebvre firmò il manifesto dei 121 per il diritto all'insubordinazione nella Guerra d’Algeria e da alcuni anni entrato in relazione con i Situazionisti francesi di Guy Debord. La breve frequentazione di questo gruppo (terminata con una rottura insanabile con Debord) fu reciprocamente influente. Lefebvre sviluppò ulteriormente le questioni relative alla critica della vita quotidiana (oggetto di un primo volume edito nel 1948) e la teorie marxiste dell’urbano, mettendo meglio a fuoco l’inautenticità e la banalità in cui la moderna società capitalistica relega la società urbana. Agli inizi degli anni sessanta inizia ad avvicinarsi alle questioni riguardanti l’urbano e alla pianificazione urbanistica che lo porteranno a pubblicare nel 1968 il trattato Le droit à la ville e, successivamente, 1974, il fondamentale La production de l’espace, in cui Lefebvre elabora la teoria della dialettica triplice dello spazio. Uscito dal CNRS diventa professore di sociologia all'Università di Strasburgo, poi dal 1965 al 1968 presso l'Università di Parigi X-Nanterre. Lefebvre ebbe un ruolo importante tra gli studenti del Maggio francese (Daniel Cohn-Bendit e Manuel Castells furono suoi allievi). Ritiratosi dall’insegnamento attivo ne 1973, Lefebvre si è dedicato all’attività di conferenziere in varie parti del mondo, ha scritto una quadrilogia sullo Stato e ha portato a termine il progetto ritmanalitico.
Guido Borelli si è laureato in architettura al Politecnico di Torino con Giorgio Ceragioli discutendo una tesi sull’autocostruzione ed è dottore di ricerca in Pianificazione Territoriale con una dissertazione sulle politiche delle emergenze (relatore: Pierluigi Crosta). Ha insegnato sociologia urbana in numerose università italiane (Cagliari, Piemonte Orientale, Politecnico di Torino, Statale di Milano) e, dal 2015, è titolare della cattedra in sociologia presso l’Università Iuav di Venezia, dove è anche vicecoordinatore del Dottorato in Pianificazione e Politiche Pubbliche del Territorio. Prima dell’attività di insegnamento universitario, tra il 1983 e il 1990, Borelli ha lavorato con il designer milanese Ettore Sottsass. Per Borelli, l’incontro con Sottsass si è rivelato propizio per riconoscere le proprie inclinazioni anti-materialiste attraverso una visione del mondo di stampo libertario-individualista, attenta alle controculture e alla ricerca di una via praticabile alla dis-alienazione. Successivamente, dal 1993 al 1997 è stato assistente dell’urbanista Luigi Mazza al Politecnico di Milano. Dalla collaborazione con Mazza, Borelli ha mutuato l’attenzione ai processi di produzione della città e dello spazio urbano iniziando a riflettere sulle relazioni tra lo spazio e la società. Dal 1996 al 2001 ha diretto in master internazionale postuniversitario in Urban Management & City Design della Domus Academy di Milano. Oggi i suoi interessi di studio e di ricerca si concentrano principalmente sulla critica marxista della politica economica urbana e sulle implicazioni del sistema capitalista nella vita quotidiana. Ha pubblicato numerosi saggi in Italia e all’estero sulla vita e sull’opera di Henri Lefebvre